Il sole si leva lentamente sull’orizzonte schiarendo la marea piatta, leggermente mossa dal vento. La posso vedere dal terrazzino che dà direttamente a sud dell’isola mostrando, vicinissimo, il velo azzurro della costa attraverso un fitto intrecciarsi di ulivi. Mi sono alzato presto questa mattina; voglio mettermi in partenza prima che il caldo torrido delle giornate estive prenda il sopravvento sulla lieve frescura lasciata dalla notte. Un caffè veloce, un’ultima occhiata allo zaino: borraccia, pranzo, telo, scarponcini, power-bank. È tutto pronto.
Salgo in auto e imbocco l’uscita sollevando polvere e pietrisco tra le stradine delle contrade di Ferma. Dopo Ierapetra Google Maps mi dice di continuare sulla Epar. Od. Ierapetras – Pachias Ammou in direzione Sitia, verso l’entroterra, dove la costa nord e la costa sud arrivano quasi a congiungersi. Infine, seguendo il litorale, arrivo all’ingresso di uno dei canyon più emozionanti di tutta Creta: la gola di Richtis, quattro chilometri di rocce e cascate scavate dal fiume.
“DALL’ALTEZZA DI UNA DECINA DI METRI L’ACQUA DI UNA CASCATA PRECIPITA IN UNA LARGA PISCINA NATURALE DAL COLORE CRISTALLINO”
Lasciata l’auto inizio a risalire a piedi la stradina lungo il fiume. Dopo appena duecento metri il paesaggio cambia del tutto: scompaiono l’asfalto e la ghiaia lasciando il posto a selciato e terra battuta; la vegetazione si infittisce, bellissime farfalle svolazzano posandosi sulle spalle o sulla testa. I bordi del fiume iniziano a costellarsi di rocce sempre più massicce, alcune iniziano ad ostacolare il cammino, vanno scavalcate. Le ombre dei grandi fichi selvatici mitigano il calore del sole che si innalza sempre di più. La terra con l’umidità traspira il profumo della macchia mediterranea e dei frutti maturi. Un lento scrosciare d’acqua rimane l’unico rumore insieme a quello dei miei passi su un tappeto di pietre e radici.
Seguo i segnali, i colori diversi con cui sono segnati i massi indicano differenti percorsi. Non ho una legenda con me, mi affido all’istinto, scelgo il giallo. Lungo la deviazione capisco di aver fatto la scelta migliore quando, in mezzo agli arbusti, una passerella in legno mi conduce a uno spettacolo mozzafiato: dall’altezza di una decina di metri l’acqua di una cascata precipita in una larga piscina naturale dal colore cristallino, attorniata dalla foresta che chiude il sentiero. Decido di immergere un piede. Decido di lasciare zaino e maglietta, ci salto dentro senza pensare. L’acqua è gelida, nuoto velocemente fino alla cascata, mi ci tuffo dentro, rimango steso a pelo d’acqua, finalmente non avverto più il sole cocente del mezzogiorno. Ne esco rinfrescato, rigenerato, mi sdraio per un paio di minuti. Sono pronto a riprendere. Questa volta scelgo il blu.
“OGNI SASSO CHE FREME, OGNI ARBUSTO CHE SCIVOLA VIA, SONO UNA SCOSSA DI ADRENALINA”
Le macchie di vernice con cui è contrassegnato il percorso mi conducono in un tratto intricato. Le strette curve in cui serpeggia il fiume spesso si chiudono con le imponenti pareti di roccia che delimitano la gola. Scalarle diventa più arduo, bisogna scegliere bene a quale roccia aggrapparsi con le mani, bisogna testare bene con il piede la tenuta di quella che si sceglie come sostegno. Ogni sasso che freme, ogni arbusto che scivola via, sono una scossa di adrenalina. È quello che provo mentre mi tengo ad una grossa radice scalando la ripida parete di una serie di piccole rapide.
Dopo un breve tratto in salita, mi ritrovo ad un bivio: il cammino è interrotto dal fiume stesso. Si può scendere scalando rocce ripide e guadarlo tastando i sassi scivolosi fino a riva. Oppure saltarlo in larghezza dall’alto. Decido per la via breve. Lancio lo zaino sulla riva opposta. Respiro. Prendo la rincorsa. Salto. Il terreno manca sotto i piedi per pochi brevissimi interminabili istanti. Atterro mani e piedi al limite della riva fangosa. Poco più avanti a me lo zaino. Mi rialzo, sorrido: è stato fantastico. E da pazzi, lo ammetto. Ma fantastico.
“SENTIRSI TUTT’UNO CON LA NATURA E CON LA SUA ARMONIA È UNA DELLE ESPERIENZE PIÙ PROFONDE CHE CRETA SA REGALARE”
Un parte ancora inesplorata del percorso è segnata da macchie di vernice arancio. Si diramano attraverso un altro sentiero che abbandona il fiume continuando sempre più in salita. Nel seguirlo noto che la vegetazione inizia a diradarsi, il terreno si fa brullo. La flora verdeggiante lascia il posto a corti arbusti e sterpi. Il contrasto è netto. Arrivato alla fine mi accorgo di essere sul punto più alto della gola: da qui si può vedere tutto il promontorio, il mare che si rispecchia con il cielo nell’orizzonte più lontano, il profilo delle montagne girandosi verso nord.
Noto un ulivo stretto e contorto, a occhio l’unico nel raggio di chilometri. Mi siedo sotto le sue fronde di fronte al panorama sterminato. Decido di perdermi nel paesaggio, nell’aria calda trasportata dal vento, nei profumi di terra e polvere, nell’intermittente gracchiare di cicale, chiudo gli occhi. Sentirsi tutt’uno con la natura e con la sua armonia è una delle esperienze più profonde che Creta sa regalare. E su questo masso imponente nel cuore dell’Egeo, dopo averlo assaporato nella sua primordialità, scopro di viverla pienamente. Mi sento nuovo, mi sento fortificato.
“MI RIMETTO IN VIAGGIO DIVERTITO, STANCO, FELICE, ANCORA INEBRIATO DA ODORI E COLORI”
Ho ripreso il sentiero principale. Il percorso è meno irto e non ci sono quasi più rocce da scalare. È chiaro che mi sto avvicinando al termine del canyon. Il fiume si allontana, dopo un centinaio di metri compare della ghiaia sulla strada. Inizia la campagna con le recinzioni e gli orti, la seguo per tornare all’auto mentre il cielo inizia a tingersi delle innumerevoli sfumature del tramonto. Mi rimetto in viaggio divertito, stanco, felice ancora inebriato da odori e colori. Quando arrivo volgo lo sguardo in su: la via lattea e miriadi di stelle sparpagliate nel cielo mi chiedono di fermarmi ancora un po’. Vado sul terrazzo, trovo un’amaca. Per stanotte dormo qui.